La Metodologia Lyfe Cycle Assessment

L’analisi del ciclo di vita

L’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment, LCA) è uno strumento metodologico finalizzato alla valutazione delle performance ambientali di un prodotto, servizio o organizzazione. Essa considera tutti i flussi di materiali ed energia in ingresso ed in uscita “dalla culla alla tomba”, ovvero dalla fase di estrazione delle materie prime alla fase di smaltimento dei rifiuti al termine della fase d’uso. .

La metodologia, oggetto di specifica normazione da parte dell’International Standard Organization ISO (standard UNI EN ISO 14040:2006 Gestione Ambientale – Valutazione del ciclo di Vita – Principi e quadro di riferimento;  UNI EN ISO 14044:2006 Gestione Ambientale – Valutazione del ciclo di Vita – Requisiti e linee guida), ha ricevuto negli anni sempre maggiore consenso dal panorama scientifico internazionale.

L’approccio di ciclo di vita, noto come “Life Cycle Thinking” ha ispirato l’organismo di supporto alle politiche europee “Joint Research Centre- JRC” nell’elaborazione dell’International Reference Life Cycle Data System (ILCD) al fine di indirizzare esperti ed operatori nel campo dell’LCA.

La  Raccomandazione 2013/179/UE della Commissione Europea del 9 aprile 2013, ha segnato un passaggio importante nella standardizzazione degli studi di LCA. La “Product Environmental Footprint – PEF” e l’ “Organisation Environmental Footprint – OEF”, sperimentate a livello europeo, si pongono l’obiettivo di definire una metodologia comune capace di misurare, comunicare e rendere (per la prima volta) comparabili le prestazioni ambientali dei prodotti, servizi ed organizzazioni.

La metodologia LCA si pone alla base delle procedure di certificazione dei sistemi di gestione della qualità ambientale (ISO 14001:2015 e regolamento EMAS III del 2009) e dei sistemi di certificazione della qualità ambientala dei prodotti e servizi (es. Ecolabel, Environmental Product Declaration dell’International EPD System® o PEF/OEF).

L’analisi LCA, inoltre, nella sua versione semplificata, è alla base della determinazione di indicatori di performance ambientali quali l’impronta di carbonio (Carbon Footprint) definita dall’apposita norma ISO/TS 14067:2013 o l’impronta idrica (Water Footprint) dettagliata nella recente norma ISO 14046:2014.

Le fasi di una LCA secondo le norme ISO

L’articolazione tradizionale sancita dalla norma ISO 14040:2006, prevede quattro passaggi fondamentali:

  1. Definizione degli scopi e degli obiettivi;
  2. Analisi di inventario;
  3. Valutazione degli impatti;
  4. Interpretazione e miglioramento.

La quattro fasi in cui si articola lo studio, seppur apparentemente separate, appaiono correlate da un continuo processo di feedback finalizzato alla rimodulazione del modello sulla base degli obiettivi di ottimizzazione delle prestazioni ambientali.

Fig.1 Schema di analisi del ciclo di vita secondo la normativa ISO

 

Definizione degli scopi e degli obiettivi

In questa prima fase occorre chiarire le premesse dalle quali sviluppare l’analisi LCA, con la definizione dell’obiettivo di definisce:

  • L’oggetto dello studio;
  • Le ragioni e le motivazioni alla base dello studio;
  • Le ipotesi, le assunzioni ed i metodi che verranno impiegati, tra cui:
  • L’unità funzionale (UF): quell’unità di riferimento complessa a cui riferire tutti i flussi materiali ed energetici in entrata ed in uscita;
  • Eventuali metodi di allocazione per distinguere i flussi qualora ci siano più prodotti in uscita dallo stesso processo;
  • Gli effetti ambientali ed i metodi di valutazione degli impatti espressi attraverso le varie categorie d’impatto;
  • I confini del sistema analizzato, spiegano le scelte alla base della delimitazione dello studio (criteri geografici, tecnologici, economici ecc);

Analisi d’inventario

 L’analisi di inventario si sostanzia in una enucleazione di tutti i flussi materiali ed energetici che con riferimento all’unità funzionale, partono dall’ambiente, costituendo gli input del sistema produttivo e ritornano all’ambiente stesso sotto forma di output del sistema (prodotti, rifiuti ed emissioni). La creazione dell’inventario rappresenta una fase cruciale per la qualità di uno studio di LCA nonché la parte più impegnativa. Nell’inventario occorre, quindi, identificare, esprimere e quantificare i consumi di risorse (materie prime, acqua, prodotti secondari), di energia (termica ed elettrica) e le emissioni in aria, acqua e suolo. Al termine di questa fase, superato il controllo di attendibilità dei dati raccolti, si giungerà alla determinazione di un bilancio di masse. Nella fase d’inventario assume un valore fondamentale valutare i requisiti di qualità dei dati. La raccolta dati rappresenta una criticità degli studi di LCA in quanto espressione di una manifestazione di soggettività da parte di chi conduce lo studio, il quale si trova per cause di forza maggiore ad effettuare delle scelte difficilmente riscontrabili e analizzabili con criteri oggettivi. A tal proposito le raccomandazioni delle norme ISO e dei testi rivolti agli esperti convergono verso la necessità di reperire dati “primari”, cioè informazioni di qualità elevata derivanti da rilevazioni dirette. Ovviamente questo può rilevarsi di difficile applicazione soprattutto laddove seguendo una logica “bottom-up” l’analisi procede a ritroso nel ricostruire processi di cui si può avere sempre meno contezza. In questo caso si ricorrerà a dati “secondari” spesso rappresentati da informazioni presenti in apposite banche dati messe a disposizione da soggetti pubblici o privati oppure derivanti da letteratura. Infine, sarà necessario procedere a stime e valori medi (dati “terziari”) per sopperire alla mancanza di quelle informazioni necessarie al completamento dello studio ma di difficile rilevazione diretta o secondaria. Alcuni dati potranno essere esclusi applicando le cosiddette “regole di cut-off”, a causa ad esempio della loro poca rilevanza sul sistema (es. percentuale in peso >1% sul bilancio di massa totale).

Le linee guida europee per la determinazione della PEF/OEF hanno introdotto per la prima volta un indicatore semi-quantitativo di qualità dei dati, il “Data Quality Rating (DQR)”. Il DQR si basa su sei caratteristiche, cinque relative ai dati (rappresentatività tecnologica, geografica e temporale, completezza e parametri d’incertezza) ed uno inerente il metodo (appropriatezza metodologica e consistenza). Tale indicatore dovrebbe essere in grado di esprimere da un lato la qualità della base di dati adottata e dall’altro l’appropriatezza dell’applicazione della stessa rispetto allo studio in esame. Tale sforzo rappresenta sicuramente un passo in avanti verso una sempre maggiore standardizzazione metodologica e comparabilità degli studi di LCA.

Fig.2 Schema concettuale del processo di controllo di affidabilità dei dati

 

Valutazione degli impatti

 

Il bilancio di massa derivante dall’analisi di inventario, si predispone ad una prima fase di valutazione quantitativa dei flussi di riferimento correlati all’unità funzionale. Nella fase di valutazione degli impatti si definiscono le grandezze e le relazioni che consentono di associare gli impatti ambientali potenziali ad ogni effetto di un sistema/prodotto (consumo di risorsa, emissione ecc). In definitiva, se l’analisi di inventario consente di quantificare gli effetti ambientali, la fase successiva impone una stima dei potenziali impatti attraverso l’adozione di modelli che assumono ipotesi e convenzioni da stabilire. Tale procedura può essere sintetizzata nei seguenti passaggi:

  • Classificazione dei consumi materiali ed energetici e delle emissioni ed aggregazione in funzione delle ricadute sull’ambiente in termini di impatti potenziali;
  • Valutazione degli impatti attraverso una “gerarchizzazione” basata sul valore attribuito a ciascuna categoria di impatto determinata secondo un approccio “problem-oriented” o “damage oriented”. In particolare, nel primo caso, attraverso l’identificazione di categorie d’impatto “midpoint”, la valutazione è espressa da un determinato quantitativo potenziale di sostanza “impattante” (esempio per la categoria d’impatto effetto serra i kg di anidride carbonica). Nel secondo caso, attraverso la determinazione di categorie d’impatto “endpoint”, la valutazione mira ad esprimere il potenziale degli impatti causati dalle stesse sostanze in termini di categoria di danno (es. consumo di risorse, danni all’uomo ed agli ecosistemi).

La norma ISO prevede un metodo di valutazione degli impatti basato su un approccio “problem-oriented”. Appare chiaro come tale approccio sia comprensibilmente più attendibile e riproducibile rispetto ad un metodo “damage-oriented” in cui la necessità di informazioni dettagliate sulle categorie di danno causato dai relativi impatti può indurre a valutazioni fuorvianti e non sempre verificabili. Secondo la norma ISO, durante la fase di valutazione degli impatti occorre procedere alla:

  • classificazione ovvero definizione delle categorie d’impatto;
  • caratterizzazione attraverso la quantificazione della relazione che esiste tra effetto ed impatto ,

Per ogni categoria di impatto, quindi, occorre calcolare una variabile quantitativa usando dei fattori di equivalenza mediante il modello causa-effetto. Tutti gli impatti riconducibili ad un determinato effetto ambientale devono essere espressi da un’unità di misura equivalente (es. emissioni di NOx espressi nella categoria d’impatto effetto serra come kg di CO2 equivalente con un rapporto 1 kg di NOx = 298 kg di CO2 equiv).

Se la classificazione e la caratterizzazione permettono di individuare il contributo potenziale del sistema a determinati impatti ambientali (effetto serra, acidificazione, eutrofizzazione, smog fotochimico, tossicità umana, tossicità ambientale), questo non consente di capire quali siano gli impatti più rilevanti. Per far ciò è necessario procedere alla normalizzazione, in cui i contributi del sistema ad ognuno degli effetti sono rapportati alla quantità annuale di quell’effetto che si verifica in una determinata zona (ad esempio: Italia, Europa, tutto il mondo) in un determinato periodo di tempo (ad esempio: un anno). In questo modo si può avere un’idea sia del contributo relativo del sistema ai diversi effetti, sia quale contributo è più rilevante.

Infine, per permettere la comparazione tra le diverse categorie d’impatto, si procede alla fase di “pesatura”, in cui si attribuisce un peso di importanza ai diversi impatti prodotti dal sistema, Tale procedura consente di ottenere un’ulteriore aggregazione dei dati, rappresentata da un eco-indicatore capace di esprimere in maniera sintetica uno “score ambientale”.

Ovviamente la fase di pesatura esprime una componente soggettiva che necessita di assunti, per quanto riguarda i possibili approcci, questi possono seguire diverse logiche:

  • Valore economico del danno ambientale inteso come costo necessario a fronteggiare il danno all’ambiente (Environmental Control Costs), e volontà di pagare per evitare gli impatti dell’LCA.
  • Distanza dall’obiettivo, attraverso la comparazione dei livelli ammessi dalle autorità nazionali ed internazionali con le quantità di inquinanti individuate durante l’analisi;
  • Valutazione di esperti in cui un panel di esperti procede alla valutazione dei diversi effetti ambientali;
  • Approccio mandatario: individuando uno o pochi parametri indicativi;
  • Approccio tecnologico legato alla capacità, da un punto di vista tecnologico, di abbattere i vari impatti durante la fase di generazione dell’inquinamento.

 Interpretazione e miglioramento

 Al termine della fase di determinazione degli impatti e del profilo ambientale, le performance individuate vengono analizzate al fine di rilevare le maggiori criticità del sistema ed ipotizzare possibili miglioramenti. I risultati vengono discussi ed elaborati attraverso rappresentazioni grafiche che possono rendere agevole la comprensione delle criticità ambientali rilevate durante le diverse fasi del ciclo di vita. In relazione al livello di dettaglio dello studio (confini del sistema, disaggregazione delle fasi relative ai processi) si possono effettuare considerazioni costruttive finalizzate all’individuazione degli interventi puntuali da effettuare lungo le diverse fasi dei processi per raggiungere gli obiettivi di riduzione degli impatti (es. riduzione dei consumi energetici, ottimizzazione dei trasporti ecc). Questa fase è di solito accompagnata dalla stesura di un report in cui si evincono i punti critici (hot spot) e si predispongono eventuali azioni di miglioramento.

In questa fase può risultare utile procedere ad un’ulteriore verifica della completezza e consistenza (livello di rispondenza tra obiettivi e risultati) dei dati e dei risultati, valutando eventuale riesamina della fase di inventario. Infine attraverso l’analisi di sensitività si possono variare i parametri (in input ed output) riferiti agli hot spot analizzando la corrispondente variazione degli effetti sul risultato finale.